NewsIl presidente dell’Aici Valdo Spini ricorda il 98esimo anniversario dell’ultimo discorso di Giacomo Matteotti

Il presidente dell’Aici Valdo Spini ricorda il 98esimo anniversario dell’ultimo discorso di Giacomo Matteotti

Testo pronunciato alla presenza del presidente della Camera dei deputati in occasione dell’intitolazione di una sala a Giacomo Matteotti. Roma, 30 maggio 2022.

 

Valdo Spini- Roma 30 maggio 2022

 

Onorevole Presidente, onorevoli parlamentari,

signore e signori, care amiche e cari amici delle Fondazioni e Istituti di Cultura,

 

Grazie presidente Fico, e grazie a tutta la Camera dei deputati – vedo qui i rappresentanti di quasi tutti i gruppi parlamentari – per avere risposto positivamente, con questo gesto concreto e sollecito, alla petizione che, con la firma di circa sessanta tra fondazioni e istituti rappresentativi di un larghissimo arco delle culture della repubblica, Le abbiamo rivolto perché fosse intitolata una sala della Camera al deputato Giacomo Matteotti.

 

Viene compiuto così un gesto altamente significativo nell’edificio che ospita la massima espressione della democrazia italiana, il Parlamento della Repubblica.

 

Giacomo Matteotti deputato e segretario del PSU (il Partito Socialista Unitario di Filippo Turati e Claudio Treves) venne rapito e ucciso il 10 giugno 1924 dalla cosiddetta CEKA, famigerata squadraccia fascista agli ordini diretti della direzione del Partito Nazionale Fascista (Pnf), finanziata dall’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio, e proprio a causa dello svolgimento coraggioso e coerente delle sue funzioni di parlamentare.

 

Non era il primo: nel 1922, era stato ucciso un altro deputato socialista, Giuseppe Di Vagno, mentre si recava ad una riunione politica a Mola di Bari.

 

Oggi è il 30 maggio 2022.

 

Giacomo Matteotti si era levato a parlare nella prima seduta della Camera, proprio il 30 maggio 1924 per contestare la validità delle elezioni del 6 aprile precedente che si erano svolte all’insegna della violenza e dell’intimidazione da parte delle squadre fasciste, anche con l’uccisione di oppositori, su tutto il territorio nazionale. Queste violenze e queste uccisioni erano state denunciate da Giacomo Matteotti in un drammatico discorso alla Camera costellato dalle interruzioni e dai tentativi di zittirlo da parte dei deputati fascisti. 

 

Matteotti inficiava così il risultato che non solo aveva visto la vittoria del listone fascista ma addirittura il conseguimento da parte di quest’ultimo dei 2/3 dei seggi grazie al premio di maggioranza previsto dalla legge Acerbo, fatta approvare da Mussolini prima delle elezioni.

 

Al Presidente della Camera, Alfredo Rocco, che lo invitava a parlare prudentemente, Matteotti rispose. “Io chiedo di parlare non prudentemente, né imprudentemente, parlamentarmente” una riprova del suo attaccamento a questa istituzione che oggi gli rende onore.

 

Taluni storici hanno aggiunto a queste motivazioni del delitto, anche un’altra e cioè che Giacomo Matteotti si stava apprestando a denunciare, sempre alla Camera, uno scandalo petrolifero, il cosiddetto affare Sinclair, che avrebbe investito anche la Corona e che la sua uccisione fosse da collegare anche alla finalità di prevenire questa sua denuncia.

 

Matteotti peraltro aveva già subito la violenza squadristica fascista in precedenti occasioni ed era conscio dei pericoli che correva: si racconta che quel giorno 30 maggio, a chi si congratulava con lui per il suo discorso avesse risposto sorridendo: “E adesso potete preparare la mia orazione funebre”. 

 

Il corpo di Matteotti venne ritrovato a Riano, nella campagna romana, solo il 16 agosto successivo. Nel frattempo, era stato messo in opera ogni tentativo di depistaggio sulla sua uccisione. Un depistaggio anche personale del Duce quando ricevette Velia Matteotti che chiedeva la verità sulla scomparsa del marito. Mussolini era stato messo subito al corrente dell’omicidio, ma rispose elusivamente che si sarebbero fatte ricerche.

 

La reazione di sdegno nel paese fu fortissima. L’eco del delitto fu infatti enorme. Ben lo descrive il film di Florestano Vancini, “Il delitto Matteotti”, una sorta di film-verità che accompagna passo passo la tragica vicenda. Le opposizioni si ritirano sull’Aventino, Mussolini sembra vacillare, ma, per il determinante appoggio della monarchia riesce a rimanere in sella. Il 3 gennaio 1925, Mussolini pronuncia quel discorso che metterà definitivamente fine ad ogni illusione di ripristino della legalità. Ricordiamo quelle terribili parole: “dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea, ed al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto”.  E ancora “se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!” Iniziava di fatto la dittatura.

 

Ci sarebbero voluti vent’anni, la Seconda guerra mondiale, la Resistenza e la guerra di liberazione perché il popolo italiano potesse nuovamente vivere in libertà e in democrazia.

 

Ma il sacrificio di Giacomo Matteotti costituì la delegittimazione del regime e uno spartiacque vero e proprio nella storia d’Italia. Da quel momento in poi ogni parvenza di libertà venne meno: nel 1926 le “leggi fascistissime” cancellarono la libertà di stampa e soppressero i partiti diversi da quello unico del regime. Lo stesso avvenne per i sindacati. 

 

Il sacrificio di Giacomo Matteotti riscattò anche il socialismo italiano da quelle debolezze e incertezze, da quelle divisioni, da quegli errori e da quelle carenze che ne avevano fatto il vero sconfitto dell’avvento del fascismo. Nel nome di Matteotti si poté mantenere nel ventennio la fedeltà al vecchio partito, nel nome di Matteotti vennero costituite le brigate partigiane socialiste e il partito socialista nelle prime elezioni dell’Assemblea costituente poté ricevere più del 20% dei suffragi, divenendo in quel momento il secondo partito italiano.

 

Giacomo Matteotti, che veniva da una famiglia abbiente, era diventato socialista al contatto e in solidarietà con le plebi rurali del suo polesine. “Un eroe tutto prosa”, così lo definì nel1934, primo decennale del suo assassinio, sottolineandone il riformismo ad un tempo coraggioso e coerente, Carlo Rosselli, il leader di Giustizia e Libertà, destinato anche lui ad essere crudelmente assassinato il 9 giugno 1937. Sì, un eroe “tutto prosa” perché Matteotti aveva fatto anche il contabile in una cooperativa per concorrere al riscatto dei lavoratori che rappresentava.

 

Ed in effetti Matteotti e Mussolini si erano già scontrati, a parti rovesciate se così si può dire, al congresso socialista di Reggio Emilia del 1912 quando Matteotti era già un esponente della corrente riformista e Mussolini l’esponente dei massimalisti.  Già allora Matteotti ne aveva denunciato l’atteggiamento demagogico.

 

Tanti anni dopo, l’allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi mi raccontò che nel breve periodo in cui era stato il segretario della Sezione di Livorno del Partito d’Azione aveva organizzato una commemorazione comune dei due martiri, proprio per la vicinanza delle due ricorrenze, 9 giugno per i Rosselli, 10 giugno per Matteotti.

 

Signor Presidente, signore e signori, care amiche e cari amici,

Ci avviciniamo al centenario di questo assassinio e come avviene in casi del genere, ci può essere anche chi invita a soprassedere, a lasciar perdere commemorazioni e ricorrenze, a non dar loro troppa importanza.

 

Ma se noi dimenticassimo Giacomo Matteotti e coloro che come lui hanno dato la vita per la libertà e la democrazia, significherebbe che avrebbero vinto i suoi assassini e quindi avrebbe vinto la morte; se invece ricordiamo come stiamo facendo oggi, in tutta la sua evidenza ed importanza il suo sacrificio, possiamo dire di avere sconfitto la morte e fatto vincere la vita.

 

A coloro che visiteranno gli edifici della Camera dei deputati ed in particolare alle giovani e ai giovani della nostra nazione da oggi potrà essere detto questo: qui troverete una sala dedicata a un deputato che ha pagato con la vita la sua dedizione alla libertà, alla democrazia, alla funzione stessa di parlamentare.

 

In questi tempi troppo spesso si manifesta un distacco tra cittadine e cittadini e istituzioni e rappresentanza politica. In un periodo particolarmente drammatico della nostra storia, quando ancora non si è esaurita l’ondata della pandemia del Covid19, ma siamo nel pieno di una guerra scatenata in Europa con l’aggressione della Russia all’Ucraina, sentiamo particolarmente la necessità di appoggiarci su esempi forti, su punti di riferimento ideali e politici adamantini come quello del deputato Giacomo Matteotti.

 

È il motivo dell’impegno congiunto che è stato dispiegato di tante Fondazioni e istituzioni culturali del nostro paese, che rappresentano nomi e momenti importanti della storia della Repubblica e che portano avanti con grande impegno lo studio delle radici della nostra democrazia, è il motivo del nostro sentito ringraziamento a Lei Presidente Fico e alla Camera dei deputati che Lei presiede per l’intitolazione di questa sala a Giacomo Matteotti.

 

Confidiamo che il gesto che viene compiuto stasera costituisca un avvenimento importante che intende sottolineare la funzione della rappresentanza democratica, l’importanza del Parlamento e l’impegno politico delle cittadine e dei cittadini.