“Riparti Italia, riparti Cultura”, Milano 5 0ttobre 2020. Relazione del Presidente nazionale dell’Aici Valdo Spini
Perché siamo qui
L’anno scorso a novembre celebravamo a Firenze la VI conferenza nazionale dell’Associazione delle Istituzioni culturali italiane (Aici) in un’affollata sala di Palazzo Vecchio di fronte ad un pubblico motivato e partecipe. Quest’anno la VII conferenza nazionale era prevista nel novembre a Cagliari, in Sardegna. L’abbiamo rinviata all’anno prossimo, perché nelle condizioni di un’epidemia Covid19 tuttora in atto, non si poteva certo programmare con sufficiente serenità una tre giorni di riunioni e di dibattiti con i relativi viaggi e soggiorni.
Purtroppo, dobbiamo prendere atto che passerà del tempo prima che si possa celebrare in presenza la nostra consueta conferenza nazionale “Italia è cultura”.
Ma guai a prendersi delle pause o peggio ancora ad arrendersi. Quello che non possiamo fare in presenza lo dobbiamo fare in remoto. Certo non sarà possibile suscitare una vera e propria empatia tra i partecipanti e costruire un vero e proprio evento collettivo, ma potremo allargare la partecipazione senza che gli interessati debbano sopportarne il peso in termini di costi di trasporto e/o di tempi di trasferimento.
Segnaliamo che le adesioni all’Aici sono in costante aumento, nonostante il Covid-19. Nella nostra ultima assemblea del 24 settembre u.s. ne abbiamo accolte altre 5 (tra cui tre in Lombardia) e siamo così’ diventati 125! Tra i nuovi soci abbiamo il Centro Cultura di San Fedele e l’Associazione Buddista Maitreya, segno di un pluralismo di interessi e di partecipazioni che abbiano costruito con successo nell’Aici in questi anni.
Non abbiamo tuttavia voluto saltare questo anno 2020. Abbiamo deciso di svolgere una giornata di riflessione e di ricerca proprio sui mutamenti in atto nel nostro lavoro cui siamo, lo si voglia o no, costretti. L’abbiamo collocata a Milano nel capoluogo della Regione più colpita dalla pandemia, proprio la Lombardia, come segnale di presenza e di solidarietà. Il titolo della nostra iniziativa “Riparti Italia, riparti cultura”, alla quale il Presidente della Repubblica ha concesso il suo Alto Patronato, è frutto della inesauribile vena creativa del nostro Massimiliano Tarantino direttore generale della Feltrinelli che ci ospita e che ringraziamo caldamente. È un titolo che parla da solo. La cultura è il grande motore delle trasformazioni della nostra società e se, la ripartenza dell’Italia è la ripartenza della cultura, la ripartenza della cultura sarà il segno della ripartenza dell’Italia. E in questo comune sforzo del nostro paese, noi, le Fondazioni e gli Istituti di Cultura ci siamo e diamo il nostro contributo.
Oggi pomeriggio, del resto, saranno le stesse istituzioni culturali lombarde, nostre socie, ad essere protagoniste del racconto delle loro esperienze in questi mesi terribili e delle prospettive e degli orientamenti con cui intendono muoversi.
Per forza di cose questi lavori si svolgeranno in parte in presenza con le modalità ammesse, in parte in remoto. Un ibrido così definisce un tale stato di fatto nella sua relazione la prof.ssa Paola Dubini, con il termine ora in voga per la transizione ecologica dei carburanti.
Una cosa è comunque chiara ed è che queste nuove modalità, insieme alle penalizzazioni che comportano, obbligano però alla ricerca sia di un incremento di qualità dei nostri prodotti, cioè del contenuto dei nostri webinar, sia di un aumento del pubblico coinvolto nei collegamenti telematici che attiviamo. Tutto questo poggia sulla digitalizzazione dei nostri patrimoni culturali, una sfida che ci riguarda tutti. Su questo piano non si tornerà più indietro.
Che cosa stiamo facendo
Non ci siamo fermati né durante il lock down né dopo il lock down.
Tra sanificazione dei libri delle nostre biblioteche, regolamentazione degli accessi, distanziamenti e quant’altro, le Fondazioni e gli Istituti Culturali italiani continuano la loro attività. Significativo quanto abbiamo realizzato in pieno lockdown il 2 giugno scorso per la Festa della Repubblica: una pagina del sito dell’Aici dedicata alla pubblicazione di video realizzati nell’occasione da varie istituzioni di cultura politica del nostro paese, che ha totalizzato più di duemila visitatori.
Ed è con questo spirito che l’Aici, con un voto parte in corrispondenza e parte in presenza in un seggio ospitato a Roma nella sede della Società Geografica Italiana, ha rinnovato pochi giorni or sono (24 settembre), i suoi organi dirigenti per il prossimo triennio. L’Aici ripropone così al paese la realtà della sua consistenza associativa di Fondazioni e istituti culturali, sottolineando il valore della funzione di coesione e di orientamento che può svolgere, oltre al ruolo di rappresentanza che intende consolidare, soprattutto nel dialogo con le istituzioni.
Stiamo realizzando una serie di iniziative formative in webinar utili ad approfondire le conoscenze dei nostri soci in particolare e degli interessati in generale. La prima, in parte anche in presenza è stata organizzata dalla Società Geografica Italiana e dal suo nuovo presidente, il prof. Claudio Cerreti il 30 giugno e dedicata alla legge sul terzo settore, tema importante ed urgente, su cui mi riprometto di tornare successivamente. I nostri giovani, gli under 35 coordinati da Michael Musetti, oltre a curare la newsletter quindicinale della nostra Associazione, stanno realizzando una serie di iniziative in questo campo. La prima, il 17 luglio è stata dedicata al tema del fundraising (relatrice Irene Sanesi) , e il 19 ottobre se ne svolgerà un’altra sul Bilancio Sociale (relatore Claudio Travaglini).
La nostra parola d’ordine è: la cultura non si ferma! Dunque, anche noi non abbiamo nessuna intenzione di fermarci, anzi di intensificare la nostra azione.
Siamo a disposizione della scuola e dell’Università.
In questo momento difficile per la scuola e per l’Università in cui la disponibilità di spazi di biblioteche, di personale attrezzato ad orientare negli studi è veramente preziosa, faremo presenti ai Ministri dell’Istruzione e dell’Università che le nostre strutture, le nostre biblioteche, i nostri archivi sono a disposizione. L’intento è quello di poter avere una sorta di convenzione quadro per una collaborazione permanente. Una condizione che rafforzerà i rapporti che taluni dei nostri associati hanno già con questi ministeri.
I nostri associati dispongono di personale qualificato, di locali e di spazi, (a volte più grandi a volte più piccoli ma sempre utili), biblioteche e archivi preziosi che certo sono centrati sulla particolare cultura che rappresentano ma che vanno aldilà delle loro stesse specificità per investire larghe aree di conoscenza e che costituiscono, attraverso l’Aici una vera e propria rete. Noi siamo e ci sentiamo agenzie di cultura che possono validamente cooperare nell’attività formativa delle giovani generazioni.
Siamo certi di rappresentare un patrimonio prezioso per il paese, che sarebbe negativo disperdere o affievolire in questa crisi che colpisce tutti, ma che al contrario, vogliamo rafforzare perché possa dispiegare sempre nuove positive potenzialità.
In tal senso mi permetterò nella fase finale del mio intervento di formulare alcune richieste al “nostro” Ministro Franceschini e al Direttore Generale Turetta.
L’Italia che vogliamo
Stanno arrivando verso l’Italia i fondi europei e siamo molto grati al Commissario Paolo Gentiloni per il suo intervento in video in questa nostra giornata di lavoro.
Tutti conosciamo le cifre: circa 190 miliardi cui più di ottanta a fondo perduto per il Fondo per la ripresa (il Recovery Fund) Fondo per la prossima generazione, più di 27 miliardi del fondo SURE per sostenere il lavoro, cui si aggiungerebbero altri 36 miliardi di prestiti si decidessimo di utilizzare il MES.
Un ammontare di fondi senza precedenti destinati a rimodellare il nostro paese.
E allora noi esponenti delle associazioni culturali, diciamo subito che vogliamo un’Italia dell’istruzione, della ricerca e della cultura come presupposto di un’Italia competitiva nell’economia, nella società, nei modelli spirituali di vita.
Sull’istruzione, secondo l’Eurostat, ancor prima del Covid- 19 il tasso di dispersione scolastica nel nostro paese era del 14, 5% circa, risultante di una forbice tra Nord e Sud tra l’11% e il 18% circa, il che faceva del nostro paese il quarto in Europa in questa classifica negativa. Gli effetti della pandemia in questo campo non possono che essere stato negativi, non certo positivi accentuando le disuguaglianze tra chi ha potuto usufruire della didattica a distanza e di chi non ha potuto farlo, per condizioni economiche familiari o per collocazione territoriale perdendo il legame determinante con la scuola,
Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, proprio recentemente ricordava che nel 2018 la spesa per R&S in percentuale del PIL si è attestata solo all’1,4 per cento, contro il 2,4 della media dei paesi OCSE, meno della metà del livello registrato in economie avanzate come gli Stati Uniti e la Germania.
Secondo l’OCSE, l’Italia spende il 3,6 % del proprio PIL per l’istruzione, a partire dall’istruzione primaria fino a quella universitaria, a fronte di una spesa media dei paesi dell’OCSE del 4,5 %. In termini di percentuale sul totale della spesa pubblica, secondo Eurostat, l’Italia spende il 7.9 % per l’istruzione, a fronte di una media UE pari al 10,2 %. L’Osservatorio sui conti pubblici, inoltre, sottolinea che l’Italia investe nell’Università lo 0,3 % del PIL, meno di tutti gli altri partner dell’Unione, con l’eccezione della Grecia.
E ancora secondo i dati di Ignazio Visco, l’Italia è il primo paese dell’Ocse per quota di persone tra i 15 e i 24 anni che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione (i cosiddetti NEET, not in education, employment or training): per la fascia compresa fra i 20 e i 24 anni, in particolare, questa percentuale arriva al 28,4 per cento, più del doppio rispetto alla media dei paesi OCSE. Una situazione che si aggraverà diventando veramente drammatica se non interverremo adeguatamente e in tempi rapidi.
Mi fermo qui perché parlo ad una platea di persone che conoscono questi problemi e questi dati.
L’Italia che vogliamo è un’Italia che conduca vittoriosamente la lotta alla dispersione scolastica stanziando i relativi interventi, e che salga sostanzialmente nella graduatoria dei paesi europei negli stanziamenti per la ricerca, l’università, la formazione, all’insegna della condivisione e della coesione.
Solo in questo modo potremo raggiungere l’obiettivo dell’aumento della produttività del sistema, condizione necessaria per il successo del nostro Piano Nazionale per la ripresa e la resilienza.
Chiediamo una svolta decisa in questa direzione e i Fondi Europei ne possano essere l’occasione.
Le richieste dell’Aici
Nel 2017 conducemmo un’inchiesta interna all’Aici con circa 70 risposte (pari al 68 % degli iscritti di allora) al nostro Questionario e potemmo così censire un totale di 1350 addetti che sono evidentemente ancora di più se pensiamo al fatto che ora siamo 125 soci.
Non sarà una quantità paragonabile al personale di una delle vecchie fabbriche milanesi, ma è una realtà consistente, preziosa per il paese perché dedita e qualificata. Senza contare l’ampia area di volontariato culturale che mobilita. Una risorsa importante per il nostro paese. Di fronte al Ministro Dario Franceschini, e al Direttore Generale Mario Turetta, proprio per lo spirito di collaborazione che ci ha animato in questi anni e che ci anima tanto più oggi, vorrei esprimere quattro richieste per rafforzarla.
Quattro sono infatti le questioni che voglio sottolineare. Due sono richieste di “manutenzione”, diciamo di ordinaria amministrazione e due invece di mutamenti diciamo così strutturali.
Le prime due:
- L’erogazione dei contributi. Do atto con piacere al Ministro Franceschini di essere riuscito ad aumentare il totale dei contributi. Sono in corso di valutazione le domande per i contributi della tabella triennale, per quello annuale dell’anno corrente per i convegni/pubblicazioni. Nell’attuale situazione, il rispetto dei tempi, pur in presenza di un passaggio di competenze tra la Direzione delle Biblioteche e quella della Ricerca è particolarmente importante. Indubbiamente più pesante è la situazione di chi si avvale dei contributi del MUR dove i ritardi sono veramente preoccupanti.
- Legge terzo settore. Fermo restando che quelle Fondazioni e quegli Istituti che desiderano farlo e ne hanno le caratteristiche necessarie hanno tutto il diritto di entrare nel terzo settore e passare sotto la vigilanza del Ministero del Lavoro, il Mibact deve essere molto fermo nel chiedere che quelle Fondazioni e quegli Istituti che intendono rimanere nell’attuale condizione di riconoscimento e di controllo da parte degli organi statali e regionali possano farlo, senza essere costretti a costosi mutamenti di statuto e/o penalizzati sul piano del trattamento fiscale oppure esclusi dalla fruizione di particolari benefici che al terzo settore vengono riservati.
Anche in occasione del nostro citato incontro del 30 giugno, abbiamo registrato una convergenza di tutti gli istituti associati sulla necessità di mantenere uno stretto rapporto istituzionale con il Mibact, a prescindere dall’appartenenza o meno al Terzo settore.
Il Mibact, a sua volta, ha tutto l’interesse a mantenere e sviluppare il rapporto con le Fondazioni e gli Istituti culturali, ma se lo vuol fare, si deve muovere di conseguenza.
Sarebbe quindi positivo se in parallelo all’albo del terzo settore venisse costituito presso il MIBACT stesso un albo delle fondazioni e degli istituti culturali. L’Aici potrebbe collaborare alla sua realizzazione.
Due proposte di rafforzamento delle nostre strutture:
- I giovani. Abbiamo costituito nell’Aici un coordinamento degli under35 proprio per favorire un ricambio delle giovani generazioni alla direzione delle nostre organizzazioni culturali. Proprio per questo è importante un provvedimento che favorisca il reclutamento giovani. Chiediamo un finanziamento straordinario a favore delle Fondazioni e degli Istituti Culturali, ma finalizzato e riservato alla costituzione di duecentocinquanta fellowship nel senso anglosassone del termine, cioè di borse di ricerca post dottorato, con organi di selezione che vedano la presenza dell’università.
- Infine, un provvedimento che consenta l’incremento del finanziamento privato a favore delle nostre Fondazioni e dei nostri istituti. Si tratta dell’estensione del meccanismo fiscale dell’Art Bonus, che il ministro Franceschini ha introdotto per il mecenatismo culturale alle nostre istituzioni. Premierebbe la ricerca del fund raising nel settore privato oltre che l’attesa del contributo pubblico. Potrebbe essere consentito proprio a chi si iscrive all’albo delle fondazioni e degli istituti culturali, di cui chiediamo la costituzione.
Conclusioni
La nostra di Milano è un’iniziativa che va nel senso del rafforzamento dell’unità nazionale, della necessità della condivisione della cultura e della coesione sociale.
Essa si svolge in un contesto che chiamerei di “traversata verso l’ignoto”.
Tutto ciò obbliga le nostre Fondazioni e i nostri istituti ad uscire dalle loro nicchie e nuotare in mare aperto. Ma questo rafforza anche la funzione delle Associazioni di rete come l’Aici che sono in grado di costituire momenti indispensabili di sinergia nel lavoro comune. È quanto faremo qui a Milano in questo anno 2020 che sarà comunque, anche se purtroppo, memorabile.
Lo abbiamo ricordato già in altre occasioni: Edgar Morin, definisce la cultura come “l’insieme di abitudini, costumi pratiche, sapere, regole, valori che si ripetono di generazione in generazione”. Bene. Questa trasmissione è l’essenza stessa della civiltà di una nazione. Non possiamo permettere che questa catena si spezzi.
E noi dell’Aici siamo qui per dare il nostro contributo a che questo non avvenga.
Valdo Spini